... i Comballi
I "Comballi" conducevano le chiatte e i barconti trasportando principalmente sabbia lungo i navigli.
Al termine della loro discesa, amavano sostare in un osteria nei pressi del "Ponte dello scodellino", (oggi Osteria del Pallone) ove ricorrente era il consumo di una scodella di minestra.
IL PONTE DELLO SCODELLINO SULLA DARSENA a sinistra. A destra comballi 1910
NAVIGAZIONE SUL NAVIGLIO – LA DISCESA
Eravamo in quattro su quel barcone. Il nostro appariva un mestiere semplice e forse noioso. Ciò nonostante non avrei mai abbandonato quell’attività per nulla al mondo. Ogni luogo, ogni stagione ogni momento raccontava sempre qualcosa di nuovo, di affascinante. Soprattutto era il silenzio nel suo “svolgersi” a regalarci attimi unici. Ci occupavamo di trasportare materiali che servivano per le costruzioni di quella città affascinante che era Milano; principalmente sabbia. Partivamo all’alba generalmente da Sesto Calende scendendo quel primo tratto tortuoso del Ticino. Era l’unico momento in cui la nostra attenzione era concentrata per il percorso non privo di pericoli. Poi imboccavamo il Naviglio che ci avrebbe condotto sino alla Darsena. Quel tragitto ci concedeva un silenzio unico, immerso in una natura semplice.
L’unico “rumore” era lo scorrere dell’acqua che ci illudevamo di percepire. Ogni tanto fra di noi si chiacchierava non distraendo quell’unico timoniere che dirigeva attentamente il barcone. Poi sapevamo anche non parlare per ore, godendoci la quiete. Il primo tratto di discesa sino a Castelletto di Abbiategrasso, concedeva ai nostri occhi la sfarzosità delle ville del 500. Quante volte il mio pensiero aveva immaginato di poterle visitare, scoprendo chi vi ci si abitasse. Da Castelletto alla Darsena il percorso diveniva ancora più silenzioso perché meno rapido. La vista in quel tratto si perdeva nella sconfinata campagna, intervallata dal comparire di cascinali e di gente che lavorava faticosamente la terra. Alla Darsena giungevamo attorno a mezzogiorno. Dovevamo percorrere entro quel tempo la discesa perché poi si doveva lasciare spazio ai barconi che risalivano. La Darsena aveva un aspetto affascinante nel suo alternarsi di persone. Era un porto anomalo non essendo come i più comuni sul mare. Eppure quel via vai di persone era impressionante, tant’è che si sapeva essere uno dei più importanti scali merci dell’intero regno. Lasciavamo agli addetti il compito di scaricare. Ora potevamo finalmente meritarci quell’attimo di riposo attorno ad un buon bicchiere di rosso in una delle tante osterie del porto.
Al termine della loro discesa, amavano sostare in un osteria nei pressi del "Ponte dello scodellino", (oggi Osteria del Pallone) ove ricorrente era il consumo di una scodella di minestra.
IL PONTE DELLO SCODELLINO SULLA DARSENA a sinistra. A destra comballi 1910
|
NAVIGAZIONE SUL NAVIGLIO – LA DISCESA
Eravamo in quattro su quel barcone. Il nostro appariva un mestiere semplice e forse noioso. Ciò nonostante non avrei mai abbandonato quell’attività per nulla al mondo. Ogni luogo, ogni stagione ogni momento raccontava sempre qualcosa di nuovo, di affascinante. Soprattutto era il silenzio nel suo “svolgersi” a regalarci attimi unici. Ci occupavamo di trasportare materiali che servivano per le costruzioni di quella città affascinante che era Milano; principalmente sabbia. Partivamo all’alba generalmente da Sesto Calende scendendo quel primo tratto tortuoso del Ticino. Era l’unico momento in cui la nostra attenzione era concentrata per il percorso non privo di pericoli. Poi imboccavamo il Naviglio che ci avrebbe condotto sino alla Darsena. Quel tragitto ci concedeva un silenzio unico, immerso in una natura semplice.
L’unico “rumore” era lo scorrere dell’acqua che ci illudevamo di percepire. Ogni tanto fra di noi si chiacchierava non distraendo quell’unico timoniere che dirigeva attentamente il barcone. Poi sapevamo anche non parlare per ore, godendoci la quiete. Il primo tratto di discesa sino a Castelletto di Abbiategrasso, concedeva ai nostri occhi la sfarzosità delle ville del 500. Quante volte il mio pensiero aveva immaginato di poterle visitare, scoprendo chi vi ci si abitasse. Da Castelletto alla Darsena il percorso diveniva ancora più silenzioso perché meno rapido. La vista in quel tratto si perdeva nella sconfinata campagna, intervallata dal comparire di cascinali e di gente che lavorava faticosamente la terra. Alla Darsena giungevamo attorno a mezzogiorno. Dovevamo percorrere entro quel tempo la discesa perché poi si doveva lasciare spazio ai barconi che risalivano. La Darsena aveva un aspetto affascinante nel suo alternarsi di persone. Era un porto anomalo non essendo come i più comuni sul mare. Eppure quel via vai di persone era impressionante, tant’è che si sapeva essere uno dei più importanti scali merci dell’intero regno. Lasciavamo agli addetti il compito di scaricare. Ora potevamo finalmente meritarci quell’attimo di riposo attorno ad un buon bicchiere di rosso in una delle tante osterie del porto.
MILANO NEL TEMPO - C.F. DNDMVN62B21F205A -
ISCRIVITI AL GRUPPO FACEBOOK